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Tumore alla prostata

Richard Ablin nel 1970 ha scoperto l’antigene specifico della prostata (PSA) e nel 2010, scrive in un editoriale del New York Times, dicendo che non avrebbe mai desiderato che la sua scoperta arrecasse un tale disastro alla salute pubblica, parlando di un’evidente manipolazione avvenuta da parte dell’Industria Oncologica. Lui ammonisce la comunità medica nel rinunciare all’uso inappropriato del PSA per lo screening del tumore alla prostata. Dice ancora “in tal modo si risparmierebbero milioni di dollari e si eviterebbero a milioni di uomini trattamenti debilitanti e non necessari…il test non è più affidabile del lancio di una moneta…non è in grado di identificare il cancro alla prostata e soprattutto non è in grado di distinguere nemmeno quello che viene considerato indice di malignità” (9) Ablin JR. The great prostate mistake. New York Times, 4 Marzo 2010. Otis Brawley, responsabile medico dell’American Cancer Society afferma “Con il test del PSA avete 50 volte su 100 più probabilità di rovinarvi la vita che di salvarla”.

(10) (10) Parker-Pope T. Screen or not? What those prostate studies mean. New York Times, 29 Marzo 2009. Ci potremmo domandare come mai circa il 70% degli uomini di oltre 50 anni si sottopongano poi, spesso a propria insaputa al test del PSA nonostante il rischio di sovrastima è di oltre il 50%? A tal proposito c’è uno studio Europeo e dal 2003 la situazione è solo peggiorata.

(11) (11) Draisma G, Boer R, Otto SJ et al. Lead times and overdetection due to prosta- te-specific antigen screening: estimates from the European Randomized Study of Screening for Prostate Cancer. J Natl Cancer Inst 2003; 95:868-78.

Tumore al seno

Già dal 2000 in molte rispettate riviste scientifiche mediche internazionali sono comparsi studi, articolo e editoriali che s’interrogavano sull’efficacia dello screening mammografico. Studi di coorte (della durata di ben 7 anni e quindi di inoppugnabile rappresentatività statistica) hanno stimato che il 31% dei tumori identificati dallo screening mammografico rappresentano errori da sovradiagnosi, nel senso di considerare evolutivi dei processi e quindi maligni.

(12) (12) Bleyer A, Welch HG. Effect of three decades of screening mammography on breast-cancer incidence. N Engl J Med 2012; 367(21):1998-2005. Welch e la sua equipe sono famosi per il lavoro pubblicato nel 2008, dove dimostrò su un campione di duecentomila donne, che in quelle che non avevano fatto screening (la metà del campione) dopo 7 anni si studio, c’era comunque stata una qualche crescita cancerosa e che lo stesso sarebbe poi “regredito spontaneamente”.

(13) Questo lo prevede la precisione del campionamento fatto nello studio (donne studiate) che dà un bias (ovvero, indice di errore di sottostima o di sovrastima) che è solo del 2%. Quindi lo studio dimostra che non sapere di avere un cancro ne permette anche la remissione, e le donne sarebbero guarite, non dal cancro, ma dalla “diagnosi di cancro” principale causa di malattia e di morte? Ma perché questi studi non vengono divulgati?

(13) Per-Henrik Zahl, MD, PhD; Jan Mæhlen, MD, PhD; H. Gilbert Welch, MD, The Natural History of Invasive Breast Cancers Detected by Screening Mammography MPH Arch Intern Med. 2008