LE SCIENZE BIOSISTEMICHE

Le Leggi della Biologia offrono un contributo investigativo fondamentale all’indagine diagnostica dei cosiddetti segni fisio-patologici negli esseri viventi. Si tratta di un punto d’osservazione naturalistico, fenomenologico ed empirico. Infatti, solo l’indagine scientifica empiricamente orientata può guidarci alla verifica delle tante teorie approssimative esistenti oggi in ambito clinico. Le procedure seguite dal medico, sia esso convenzionale che alternativo, sono notoriamente sempre più inficiate da criticità di natura induttiva. In effetti, anche se a prima vista, i criteri vengono scientificamente presentati, il calcolo epidemiologico si tradisce poi nei risultati reali, a causa di limiti temporali e di campionamento. Senza scendere nei dettagli, da specialista nel settore, direi che oggi scarseggiano i veri studi - detti di coorte - aventi una durata sufficientemente lunga (almeno 4 anni) di osservazione fenomenologica. Ciononostante i risultati sono sempre presentati come una dimostrazione scientificamente valida e veritiera, che enfatizza un progresso sempre più a portata di mano. In tal modo, sono stati creati modelli di funzione organica, che racchiudono una errata interpretazione della realtà chimico - fisica e biologica del mondo vivente.

Tali modelli sono alla base di interventi terapeutici assai costosi e di scarsa praticità applicativa sia per gli addetti ai lavori, che per i cittadini fruitori di prestazioni sanitarie. Prova ne sono, per esempio, i continui dietrofront sulle teorie eziologiche – ossia sulle cause delle malattia – e l’abbandono di procedure precedentemente in commercio e nei protocolli ufficiali. Quando una teoria scientifica non può essere verificata e nemmeno confutata, diviene una teorizzazione non deduttiva ed apre le porte ad un’accettazione culturale e ideologica di tipo dogmatico. Alla mancanza di Leggi che disciplinano in modo trasparente la ricerca scientifica, si aggiunge una drammatica posizione oltransista e assolutista da parte di chi produce le nuove scoperte, che allontana in modo forzato dal confronto multidisciplinare i tanti studiosi di altre branche del sapere. Un mercato della salute sostenuto dalla propaganda forzata di certe ricerche a discapito di altre, polarizza il consenso distratto e acritico intorno al falso bisogno sanitario. Esso trasforma l’operato di chiunque voglia prendersi cura della persona sofferente, in un vero e proprio atto di fede se non addirittura, in alcuni casi, in una pratica mirata unicamente a difendersi dall’errore, la cosiddetta medicina difensiva. Occorre quindi un accurato approccio scientifico di tipo biologico anche in campo medico, per acquisire una pratica che dia benefici verificabili e comprovabili. Occorre raggiungere un livello che permetta al “malato” una reale opportunità di partecipazione responsabile e conferisca al cittadino un maggiore potere di scelta, quando egli si rivolge al mondo della cura, attraverso un contratto terapeutico.

E’ questa la grande possibilità racchiusa nella definizione di Scienza BioSistemica. La creazione di un nuovo approccio non si sostituisce “al vecchio” in modo inconfutabile e assolutista, perché si è acquisito un nuovo sapere da accettare come dogma. Tanto meno esso deve creare un nuovo codazzo di proseliti ammaliati da un approccio alternativo. Si deve invece tentare di essere contro tendenza e di instaurare un clima nuovo, basato sulla cultura del confronto tra le parti. Serve cooperare insieme per un sano progresso del conoscere, del comprendere e del verificare, unendo alle più innovative scoperte della “tecnologia” della salute, quanto è stato già tracciato dai grandi scienziati naturalisti e comportamentalisti del secolo scorso. La verifica biologica pura non è di tipo ultramolecolare o microscopica, nemmeno fedele in modo rigido al mo- dello laboratoristico e farmaco-induttivo della nostra storia recente. Essa ha profondi legami con l’ambito evoluzionistico, etologico e ontogenetico della medicina e dell’anatomia e istologia comparativa. Un’indagine che parte dall’accurata definizione del microcosmo delle cellule, tessuti, organi per arrivare al macrocosmo, ossia all’habitat biologico, alle interazioni con i cicli della biosfera e dell’ecosistema, all’evoluzione delle specie. Si tratta di stabilire punti di connessione tra funzione organica, condizionamenti e sollecitazioni adattative dettate dall’ambiente di vita.

Proponiamo perciò un confronto sulle procedure che studiano la natura della vita, la logica e le leggi che regolamentano gli scambi tra individui. Una visione olistica sulla qualità di esistere nel rispetto dell’ordine etologico, ecologico e sistemico, dello stare al mondo in armonia con tutte le creature viventi. Una prassi, quella biologica, che in questo nuovo millennio è chiamata ad includere anche una medicina che voglia finalmente chiedersi il perché della malattia, affrancandosi da previsioni inutili e inventate, dai probabi- lismi insiti nelle forzature statistiche di molte indagini diagnostiche. La direzione è quella di una metodologia comportamentale, che fa dell’epigenetica la scienza che studia il cambiamento funzionale dei geni in rapporto alle sollecitazioni dell’ambiente il fondamento dell’osservazione empirica, grazie a criteri condivisibili e basati sulla dimostrazione e ripetibilità di ciò che è stato teorizzato. Il dogma genetico, l’idea di maligno, benigno e di concasualità eziologica, le supposizioni non dimostrabili e nemmeno confutabili, giustificabili solo su un terreno teologico o religioso, lasceranno il posto all’investigazione attenta di quanto il nostro bagaglio innato, biologico e sistemico possa essere costantemente stimolato dai cambiamenti ambientali.

Cercheremo insieme un metodo per comprendere le risposte soggettive degli esseri viventi e la sintomatologia etichettata, spesso sbrigativamente, come “malattia”. Il primo passo sarà l’osservazione in chiave evoluzionista, tenendo presente un caposaldo nello studio delle scienze naturali, ovvero la grande capacità omeostatica del mondo vivente di produrre risposte individuali biologiche e sensate per un migliore adattamento alla propria nicchia ecologica. Uno studio che segua con occhio attento come la vita affermi sempre la vita. Esistere significa, infatti, sopravvivere in una modalità normale ed in una speciale, attraverso dei cambiamenti corporei, ossia i sintomi. Vedremo come le risposte dell’individuo, di qualsiasi natura, siano sempre indirizzate verso un valore di utilità a favore del gruppo stesso branco di appartenenza. Non cercheremo più segni buoni o cattivi, perché scopriremo che la natura nulla fa di bello o di brutto, di benigno o maligno, ma solo ciò che serve con una logica finalizzata alla vita. Infatti, le interazioni e le profonde connessioni morfogenetiche tra i biocicli, secondo un criterio di bifasicità, con le varie catene alimentari che permeano la vita e con la riproduzione delle specie, tendono ad un equilibrio costante. La biosfera e i suoi abitanti, animali e vegetali, interagiscono seguendo le stesse leggi di compensazione biologica e sistemica che ritroviamo poi nella vita umana.

L’equilibrio costante tra il mondo affettivo, la socialità, l’affermazione della propria linea germinativa, avviene grazie ad un criterio biologico che anche nell’uomo va compreso attraverso i codici ontogenetici degli animali. Le tracce di tutto ciò sono nell’embriogenesi e istogenesi umana, perfettamente allineate in modo comparativo all’evoluzione degli altri mammiferi terrestri. In tutto il mondo vivente questo avviene grazie a forze naturali, un tempo solo immaginate ed oggi confermate anche dalla fisica quantistica, indispensabili al mantenimento dell’omeostasi vitale. Nella vita umana, letta in chiave biologica, ritroviamo e discutiamo su una dimensione che ancora oggi è trascurata, un fenomeno vitale semplicemente poco misurabile con strumenti convenzionali: l’emozione.

L’emozione, o psiche biologica, condiziona anche i cambiamenti del corpo con la qualità della risposta adattativa immediata. Si pensi, per esempio, a quanto sia immediata la reazione de il “fare acquolina in bocca” davanti ad un cibo appetitoso. La mediazione della mente è, invece, pensante e prevedibile. Pensiamo, cadendo improvvisamente, di ripararci dagli effetti dell’impatto o agiamo e basta per limitare i danni? Le risposte del cervello istintivo, veloce e proporzionato agli eventi esterni, non sono condizioniate da come la pensiamo ma solo da ciò che siamo e da quanto ci serve per continuare ad essere. Sono il frutto delle nostre esperienze e dei nostri precedenti conflitti e dei nostri precedenti schemi di sopravvivenza creati nel momento del pericolo sin da piccoli. Provate ad immaginare un giovane calciatore che impara a cadere sempre meglio. Dopo anni di pratica nel suo ruolo specifico, un difensore cadrà da difensore, un attaccante cadrà da attaccante, tutto questo avviene attraverso un apprendimento tutt’altro che mentale.

Capire chi e perché, valutare l’aspetto comportamentale del conflitto, del trauma e delle risposte individuali fisiopatologiche, rappresenta un guadagno deduttivo e alla portata di tutti. Il sintomo che scaturisce da una diagnosi clinica, può esso stesso divenire l’evidenza concreta del livello emozionale, mostrandoci come la fisiologia e la cosiddetta patologia seguano in realtà un progetto adattativo ed evolutivo dell’individuo. Attraverso la comprensione del linguaggio del corpo e dei sintomi, osserveremo il significato compensativo che scaturisce da spiazzamenti improvvisi o shock biologici, legati all’habitat biologico e vedremo come sia possibile risalire al comportamento, ai ruoli, ai compiti e agli irretimenti scritti nel destino di ciascuno, l’habitat sistemico. Secondo le Leggi della Biologia, la cosiddetta malattia va letta non come una condanna, ma come la conseguenza di una variazione necessaria dei programmi della fisiologia.

Se leggiamo attentamente e profondamente il tenore conflittuale, il senso vero che può produrre sintomi meno gestibili e quindi la sofferenza e la limitazione fisica dell’individuo, andiamo ben oltre la cosiddetta psicosomatica, per due motivi fondamentali: 1. 1) Parliamo di shock biologico, non di stress generico, che comporta risposte specifiche di natura adattativa senza le quali l’individuo soccomberebbe all’istante. 2. 2) Gran parte dei sintomi – la “malattia” – compaiono non durante il conflitto, ossia durante lo shock, ma dopo il suo superamento. L’esistenza biologica prevede la conquista e il mantenimento del proprio status sociale. Le varianti adattative seguono un filo logico favorevole alla vita; ognuno nasce con un ruolo preciso. Sin dal primo momento in cui si inizia a vivere, dalla fase embriofetale e poi i primi respiri, dai primi vagiti, accade ciò che serve per la sopravvivenza, grazie all’attivazione biologica del nostro sistema psichico/cerebrale e organico. I cambiamenti ambientali percepiti “non normali” dall’individuo unico, determinano un fenomeno critico adattativo della creatura vivente. Esso è provvisto di un suo linguaggio – il sintomo – e di un significato riparativo, secondo una logica di sensatezza biologica.

Chi dimostrò l’esistenza di un imprinting, un modo individuale nel rispondere all’ambiente biologico sin dalla nascita, fu Konrad Lorenz, premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia nel 1974. Lo scienziato, studiando i fenomeni comportamentali di varie specie animali, stabilì l’importanza di aprire le porte ad una nuova fisiopatologia, basata sulla valutazione attenta dell’entità e qualità degli stimoli ambientali, quale fonte di risposta funzionale organica, psichica ed etologica degli esseri viventi: «Solo un attento studio di questi significati biologici letti attraverso la fisiologia umana e animale potrà dare in futuro informazioni precise anche sulla patologia» (L’etologia, Konrad Lorenz, Ed. Bollati Boringhieri). Il significato biologico, più specificamente nel campo della salute umana, è stato divulgato grazie alle famose 5 Leggi Biologiche, che ritroviamo anche nei tentativi fatti da Geerd Hamer, con la sua cosiddetta Medicina Germanica, e da Aaron Antonovsky con la sua Salutogenesi. Alla formazione di questi autori manca tuttavia una parte importante: nell’essere umano la relazione biologica si arricchisce di contenuti emozionali, per così dire “traslati”, strettamente connessi ai compiti che ciascun individuo ha nel proprio sistema familiare, un campo di esistenza nascosto fino alle scoperte di Bert Hellinger con le sue Costellazioni Familiari e Spirituali.

Vediamo, allora, i punti salienti del criterio biologico: Etologia: studio del comportamento sociale e relazione adattativa cerebrale e organica. Da un lato un’osservazione diretta del linguaggio del corpo attraverso una lettura della fisiologia, che, in seguito a quanto è definibile uno shock biologico, da normale diventa speciale quando definiamo in campo medico “malattia” dall’altro occorre integrare la natura sistemica delle nostre risposte organiche. Per sistemiche s’intende quelle esperienze di sopravvivenza appar-tenenti al campo di energia del luogo dove nasciamo, cresciamo ed evolviamo come individui adulti; capire come i nostri compiti e i nostri ruoli, sin dalla vita embrio-fetale, seguano gli Ordini dell’Amore, tanto perfetti quanto invisibile alla nostra mente razionale, sapientemente scoperti e descritti da Bert Hellinger.

Le risposte, ossia i sintomi organici e psichici, sono conseguenza diretta di tutti i segni adattativi dell’individuo unico, un impegno sistemico e biologico la cui qualità è insita in suo personale e speciale modo di sentire e interagire all’interno del suo ruolo quale componente di un sistema complesso quale quello familiare. Il reiterare un blocco esistenziale, un movimento interrotto, una difficoltà evolutiva e quanto definiamo “irretimento”. Con le Costellazioni Spirtuali di Bert Hellinger questo movimento non razionale, non mentale, istintivo e biologico viene alla luce attraverso un campo di forza (campo morfogenetico) che si presta ad un’osservazione e ad una verifica empirica; una fenomenologia che dal sentire soggettivo passa alla rappresentazione di dinamiche oggettive. Biologia verso la Sistemica: una visione d’insieme unica e integrata dell’Essere. La malattia ci parlerà di qualcuno più che di qualcosa, permettendoci di verificare la linea e la direzione del giusto equilibrio compensativo regolato da un ordine superiore. Un ordine che, quando riconosciuto, permetta di integrare l’esperienza del perché di un sintomo.

Così la sofferenza, il cosiddetto male, diviene parte di un codice esistenziale, componente specifica del nostro Bio-sistema e non un disordine la cui origine può rientrare in un calcolo ipnotico di probabilità. L’opportunità è quella di osservare con sacralità questo spazio che segue le leggi di un Ordine Superiore e di farlo attraverso una lettura finalmente biologica (logica per la vita) del sintomo. Sarà questa la nostra trasformazione in esseri che cooperano al servizio di qualcosa di superiore, privi di etichette, schemi e soprattutto ruoli egoici fatti di interventismi e necessità salvifiche. Il morbus spogliato dalla rigidità del materialismo che affligge oggi il Mondo Occidentale, diventa una vera opportunità per un cambiamento responsabile e cosciente del nostro essere e restare umani.

«Non siamo esseri umani che compiono esperienze spirituali, siamo esseri spirituali che compiono esperienze in un corpo fisico... viviamo in un mondo tangibile e ancora trasformabile nello spazio sacro della nostra mente neutra». (Yogi Bahajan)

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